Zancan, Gargiulo e la lotteria del sequestro di armi

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Zancan, Gargiulo e la lotteria del sequestro di armi

Due casi di stringente attualità portano alla ribalta della pubblica opinione i paradossi della discrezionalità con la quale l’autorità locale di pubblica sicurezza applica, o non applica, le facoltà previste dal Tulps. Parliamo in particolare del divieto di detenzione armi previsto dall’articolo 39 Tulps e delle sue applicazioni (o disapplicazioni) a dir poco ondivaghe a seconda della singola prefettura di competenza.

Il primo caso riguarda l’orafo Robertino Zancan che a Nanto (Vi) scaccia a fucilate un gruppo costituito da una decina di rapinatori e si vede sequestrare tutte le armi in suo possesso dai carabinieri intervenuti sul luogo; il secondo, agli antipodi anche geograficamente per quanto riguarda la nostra Penisola, si è verificato a Marano di Napoli, vittima il 56enne Mirko Gargiulo, che è stato ucciso a colpi di pistola dall’ex compagno della donna con la quale aveva intrecciato una relazione. L’arma utilizzata, secondo quanto risulta dalla cronaca, era legalmente detenuta dall’omicida, il 46enne Andrea Izzo, ed era incredibilmente stata lasciata nella sua disponibilità nonostante la vittima, nelle settimane precedenti al fatto, avesse (sempre secondo quanto riportato dagli organi di informazione) presentato reiterate denunce nei confronti di Izzo per minacce di morte rivolte al suo indirizzo.

Parlando in particolare di questo secondo caso, la vicenda (ammesso che sia effettivamente nei termini finora riportati) avrebbe dell’incredibile: il reato di minacce è proprio quello che viene considerato paradigmatico (il classico “caso di scuola”, per dirla in altri termini) per attivare la procedura di divieto di detenzione di armi da parte della prefettura, e questo con la sola presentazione di una denuncia, ancor prima che si capisca se il procedimento penale sfocerà in una archiviazione o in un rinvio a giudizio (a maggior ragione prima che si arrivi a sentenza). Perché quindi, sapendo che l’autorità di pubblica sicurezza ha la più ampia capacità di intervento tempestivo, accordata dalla legge, questa capacità non è stata esercitata, fino alle estreme conseguenze? E adesso, la responsabilità non solo penale, ma anche civile (per il risarcimento del danno ai parenti della vittima), compete solo all’assassino (che peraltro si è poi tolto la vita) o anche ai funzionari di pubblica sicurezza che avevano la responsabilità di agire e non l’hanno fatto?

Ricordiamo, in questo senso, che fu proprio con un caso simile, quello di Calderini a Milano (era il 2003), che fu riconosciuta processualmente una responsabilità nei funzionari di ps che non avevano ostacolato il possesso di armi da parte di Calderini: per essi fu prevista la fattispecie del concorso colposo in delitto doloso.

E riguardo a Zancan? Considerando che nessuno dei ladri è rimasto ucciso o anche solo ferito, perché sequestrargli tutte le armi? Il provvedimento sembra che sia stato determinato dall’accusa mossagli di porto ingiustificato di armi, alla quale si è recentemente aggiunta (secondo quanto riferito dallo stesso Zancan) quella di detenzione illegale di armi. La logica appare essere quella degli “atti dovuti” che, tuttavia, appaiono sempre più distanti dalla realtà della vita sul territorio. Il problema sostanziale è, in questo caso (come riferito dallo stesso Zancan nella puntata della trasmissione “Fuori dal coro” di ieri) che Zancan aveva la detenzione delle armi a casa, e non avrebbe potuto portarle fino in azienda (distanza: 300 metri circa) per difendere la propria attività imprenditoriale. E pazienza se ormai era alla sesta rapina, e pazienza se lasciando ai rapinatori campo libero, i danni provocati all’azienda sarebbero stati tanto ingenti da mettere a rischio il prosieguo dell’attività. In fondo, la rovina finanziaria non è considerata rischio per la vita, no?

Quanto ci vorrà prima che un giudice amministrativo (in parallelo all’inchiesta penale) possa eventualmente correggere questa decisione dell’autorità di pubblica sicurezza? E nel frattempo, chi provvederà a difendere l’incolumità personale di Zancan e dei propri dipendenti da ulteriori assalti dei malintenzionati? Dovrà pagare di tasca propria un servizio di vigilanza? E quando la guardia giurata dovesse fare a propria volta fuoco per scacciare i rapinatori, si tornerà al consueto ritornello del sequestro delle armi della Gpg (magari perché “inaffidabile”) e così via, in una sequenza interminabile di atti amministrativi e penali?

Non abbiamo ovviamente le risposte al riguardo, anche perché non conosciamo i fatti nella loro interezza. Sembra tuttavia, e paradossalmente, che per motivi opposti, così come è concepita, la normativa relativa alla discrezionalità dell’autorità locale di pubblica sicurezza in merito al sequestro di armi per “inaffidabilità” del soggetto detentore, non risponda alle effettive e attuali necessità sul territorio.

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Fonte: armietiro
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