Lupi nel Chianti: ma fateci il piacere…

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Lupi nel Chianti: ma fateci il piacere…

Sul quotidiano la Nazione, a firma di Claudia Donzelli, è comparso un articolo in cui si fa il punto sull’eccessivo entusiasmo con cui è stata accolta in Toscana la notizia del declassamento del lupo da specie particolarmente protetta a specie protetta, apprezzato da chi vorrebbe subito passare all’azione per contenerne la consistenza numerica. Ma il punto non è questo, quanto piuttosto il fatto che nel pezzo viene riportata un’intervista a Sandro Apollonio, professore dell’Università di Sassari: esperto nel campo faunistico, non prevenuto contro l’attività venatoria per principio, sempre esponente di pareri validi e fondati. Nell’intervista dichiara “il lupo va gestito rispettando il ruolo che ha in una catena ecologica…”. E qui, come spesso diciamo, vorremmo sapere praticamente il significato della parola “gestito”, mai spiegata nella sua applicazione pratica. Ma il punto che ci interessa è: “…partendo da basi scientifiche (la gestione, ndr) e in un’ottica complessiva. Se pensiamo che l’arrivo nel Chianti del lupo è riuscito a far ridimensionare un po’ il numero degli ungulati, ha risollevato il morale ai produttori di vino…”.

Siccome siamo iscritti come selecontrollori nel Chianti dal 2004, dopo 21 anni di frequenza ininterrotta, possiamo a ragione contestare questa affermazione. E spiegare perché il ridimensionamento degli ungulati non sia da attribuire al lupo ma, al contrario, all’uomo. In questi ultimi 10 anni il numero degli ungulati, vedi caprioli, è precipitato proprio. Non solo ridimensionato. In due anni i cinghiali sono diminuiti drasticamente. In misura inferiore, anche i daini e i cervi. Tutto principalmente da attribuire al fatto che non esiste più nel Chianti una vigna, o un singolo coltivato, che non siano ormai blindati con reti elettrificate, piantate sotto terra per 40 centimetri o anche alte più di due metri. Di conseguenza, gli ungulati non mangiano più da anni a spese dei viticultori. Capriolo in primis, cinghiali meno. I daini e cervi, essendo pascolatori intermedi, in certa misura se la cavano. Quindi il lupo non c’entra nulla. Certo, i lupi in Toscana ci sono. Ma non accettiamo che i produttori di vino abbiano ”il morale sollevato” dal lupo quando il merito è degli sforzi adottati dai produttori vinicoli medesimi. Intanto, alcune specie iconiche stanno scomparendo grazie anche alla regione Toscana che ha dichiarato codeste zone non vocate per capriolo e cervo. Alla faccia della biodiversità. Quindi passa il messaggio che per lucro può scomparire anche tutto. E qui animalisti e company, idolatrando solo i cervi abruzzesi e da sempre pronti a sbraitare, stanno zitti e a cuccia, stranamente. Ma aggiungiamo un altro problema: il cervo nel Chianti, al contrario di tutti gli altri Atc e in altre regioni, non si paga quando viene abbattuto. Quindi tutti richiedono il Chianti come zona di caccia, sottoponendo la specie a una pressione eccessiva. Non è finita: visto che la zona non è “vocata” per i suddetti ungulati, e che gli animali sono a costo zero e possono essere venduti, alcuni elementi che cacciano nel Chianti ne fanno un vero e proprio business abbattendo decine di animali, che promettono a fine anno un ottimo guadagno. Per fare un esempio, fino a circa 10 anni fa ogni cacciatore del Chianti aveva in quota, solo per i caprioli, 5 o anche 6 capi l’anno. Oggi siamo a circa 12 capi per ogni gruppo, composto mediamente da 16 cacciatori. Questo la dice lunga sulla consistenza del capriolo stesso. Che oltretutto nei vigneti può essere cacciato, i maschi, fino al 15 aprile.

Quindi riassumendo gli ungulati nel Chianti sono quasi scomparsi per l’impossibilità di mangiare come prima, per la troppa pressione venatoria essendo dichiarate zone non vocate, per i troppi pretendenti che arrivano da altri Atc, anche fuori regione, perché gli animali non si pagano, perché le spoglie si vendono e ci si guadagna, e infine perché più se ne tolgono e più gli Atc fanno contenti i produttori di vino. Il lupo nel frattempo, come detto tante altre volte, fa il resto. Ma solo in quota residuale e solo sui piccoli. Quindi non selezionando nulla ma impedendo, al contrario, solo il ricambio generazionale. Per non parlare poi delle aggressioni a cani da caccia, da guardia, da passeggio, gatti, pecore, cassonetti e discariche. Quindi la santificazione del lupo di Toscana è aria fritta. Ecco il perché della diminuzione degli ungulati nel Chianti. Alla faccia del lupo.

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Fonte: armietiro
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