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Le cattive frequentazioni non possono pregiudicare il porto d’armi
Con sentenza n. 9515 del 27 novembre 2024 la terza sezione del Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di un cittadino che si era visto negare il rinnovo del porto di fucile per Tiro a volo dalla locale questura, sulla base del fatto che quattro anni prima della richiesta di rinnovo “il richiedente era stato controllato da una pattuglia della polizia di Stato in compagnia di una persona con a carico segnalazioni per furto aggravato” e sulla base del fatto che il padre, convivente, era stato condannato nel 1980 “per minaccia, detenzione illegale di armi e munizioni e porto illegale di armi continuato” e nel 1984 per illeciti di natura edilizia.
Il Tar in primo grado aveva già accolto il ricorso, argomentando che la decisione della questura “si fonda su fatti inidonei, di per sé, a fornire prova del rischio di abuso di armi ad opera del ricorrente, nonché a comprovare la mancanza di buona condotta o la violazione di regole sottese alla protezione dell’ordine pubblico da parte dello stesso”. La questura tuttavia ha fatto ricorso al Consiglio di Stato sulla decisione del Tar. Il Consiglio di Stato tuttavia ha nuovamente accolto la posizione del cittadino, con la motivazione che “il potere di assentire il rilascio del titolo di polizia avente ad oggetto il porto di armi, quale che sia la finalità cui esso è preordinato ed anche ai fini del mero rinnovo di quello di cui è in possesso il richiedente, presenta una chiara connotazione discrezionale, essendo rimessa all’apprezzamento dell’Amministrazione, preposta ad operare un attento bilanciamento degli interessi concorrenti, nella loro diversa natura e titolarità, l’individuazione in concreto della soglia superata la quale il sacrificio dell’uno non trova adeguata e ragionevole giustificazione nella realizzazione dell’altro: trattasi, evidentemente, di valutazione inevitabilmente condizionata dalla diversa rilevanza dei valori in gioco, attesa l’intrinseca prevalenza di quelli, inerenti alla salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica, oltre che della incolumità delle persone, di cui è portatrice l’Amministrazione. È tuttavia evidente che la valutazione ad essa demandata non è arbitraria, ma deve fondarsi su circostanze obiettive atte a giustificare un giudizio di disfavore nei confronti dell’ampliamento della facoltà di disporre di armi, in senso non meramente detentivo, in capo ad un soggetto che non si dimostri in grado di offrire ogni più seria garanzia di non abusarne, ovvero di non utilizzarle o farle utilizzare in modo improprio o tale da ledere i beni esposti al relativo pericolo: circostanze che, complessivamente valutate, denotino appunto l’incapacità del richiedente il titolo di polizia di farne un uso accorto e responsabile. Applicando le illustrate coordinate interpretative alla fattispecie in esame, deve osservarsi che gli elementi addotti dall’Amministrazione, isolatamente quanto complessivamente considerati, non consentono di inferire un pericolo di pregiudizio per gli interessi tutelati dall’Amministrazione dotato di sufficienti requisiti di concretezza ed attualità. Quanto, invero, al controllo del ricorrente nel 2015 con soggetto segnalato per il reato di furto aggravato, deve osservarsi che l’episodicità dell’evento non consente di desumerne specifiche controindicazioni a carico dell’interessato, la cui pluriennale condotta esente da rilievi di sorta non potrebbe che bilanciare l’eventuale e pur tenue sintomaticità negativa di quel fatto. Quanto invece alla situazione di convivenza del ricorrente con il genitore, condannato nel 1980 per reati di minaccia, detenzione illegale di armi e munizioni e porto illegale di armi continuato, deve osservarsi che la valutazione di affidabilità non può che essere personale, non potendo ritenersi compromessa da condotte riferibili ad altri soggetti, indipendentemente dal rapporto di consanguineità con l’interessato, tanto più se particolarmente risalenti nel tempo: né del resto l’Amministrazione indica, nel corpo del provvedimento impugnato, per quale via il riconoscimento al ricorrente della facoltà di portare armi (recte, la sua rinnovazione) potrebbe essere piegato al perseguimento di illecite finalità da parte del genitore o comunque occasionare abusi realizzati o indotti dal medesimo. Infine, non può attribuirsi rilievo, ai fini della valutazione dell’affidabilità del ricorrente, alla condanna del medesimo genitore per reati di carattere edilizio, sia in ragione del carattere ugualmente risalente della stessa, sia perché, anche ritenendo che la valutazione di affidabilità debba prendere in considerazione la condotta di vita dell’interessato senza restrizioni di sorta, quale che sia l’ambito delle sue manifestazioni tanto più se sconfinante nel territorio della criminalità, al fine di inferirne la sua capacità di adeguarsi alle regole della convivenza e del rispetto degli altrui interessi, pubblici e privati, resta il dato di fatto insuperabile, già prima evidenziato, che trattasi di elemento di allarme non riferibile direttamente al richiedente il rinnovo, senza che l’Amministrazione abbia precisato secondo quale ordine di ragionamento inferenziale l’eventuale inaffidabilità del pregiudicato possa estendersi alla persona del ricorrente o comunque generare un pericolo di abuso connesso alla possibilità per il secondo di portare armi per finalità di carattere sportivo”.
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Fonte: armietiro
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