L’anziano, la scacciacani e la fortuna che, stavolta, ha aiutato l’audacia

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L’anziano, la scacciacani e la fortuna che, stavolta, ha aiutato l’audacia

È di pochi giorni fa la notizia di un 94enne che a Milano ha messo in fuga un uomo che, fatta irruzione nell’appartamento della vicina di casa, l’ha picchiata, la stava rapinando e probabilmente molestando.

L’anziano ha raccontato di possedere una pistola scacciacani, fedele riproduzione dell’originale, e un fucile da caccia calibro 20, ma di aver scelto l’innocua scacciacani per irrompere nell’appartamento della vicina, dopo essere stato attirato dalle urla della stessa. Ha anche riferito di aver compiuto una scelta lucida e ponderata, nella certezza che l’intruso non potesse avvedersi di essere di fronte ad una replica inerte ed escludendo l’utilizzo del fucile che, a suo modo di vedere, avrebbe spaventato i vicini.

Ovviamente il mondo intero ha bisogno di più persone che non esitano davanti al bisogno del loro prossimo e sono pronte ad esporsi personalmente al pericolo per la propria incolumità pur di compiere un atto di giustizia e solidarietà. Aggiungiamo anche che non stupisce che a farlo sia stata una persona anziana, dato che in tempi recenti si assiste a violenze e crimini spesso commessi di fronte a numerosi testimoni, che però nulla fanno se non riprendere l’accaduto con lo smartphone, come distaccati e novelli registi. Lui no. Figlio di altri tempi e altri valori, è intervenuto.

La valutazione dei rischi
Viene da chiedersi, però, se le scelte compiute dal pensionato milanese rispondano a una valutazione del rischio condotta sulla base di dati concreti e attuali o, piuttosto, se sia stata figlia di ragionamenti tutti personali poco aderenti con la realtà.

La risposta, dal nostro angolo visuale, è negativa, tanto da poter tirare un sospiro di sollievo per le sorti dell’anziano, il cui intervento non è certo stato retto da dati oggettivi, ma almeno graziato dalla fortuna.

Nuovi e vecchi protagonisti nei reati predatori
Anzitutto, chi segue e percuote una donna all’ingresso dell’atrio del condominio in cui abita e poi nel suo appartamento per percuoterla, rapinarla e magari abusare sessualmente di lei risponde al profilo di una persona abituata alla violenza e priva di inibizioni, così come di piani criminosi che vadano oltre il brutale binomio stupro-saccheggio.

In questo caso non è ancora chiaro se si tratti di un cittadino gambiano (come sembra aver dichiarato al momento dell’arresto) o statunitense (come altre fonti riportano), ma ciò che è chiaro che ha seguito la donna fin dentro casa, ha chiuso la porta e l’ha aggredita.

A prescindere dal caso di Milano, bisogna comunque ricordare che provenienze geografiche come l’Africa o i Balcani spesso ci mettono di fronte a persone che, per via dei conflitti che da decenni colpiscono o hanno colpito le loro terre, sono abituate alla brutalità così come alla presenza delle armi, che possono non rappresentare nei loro confronti un deterrente efficace.

E bisogna anche ricordare quanto sia importante chiudere alle nostre spalle porte, portoni e sportelli auto, oltre che mantenere sempre un atteggiamento monitorante di quanto accade intorno a noi.

Armi giocattolo si o no?
No! per una serie infinita di ragioni. E se l’aggressore avesse intuito che non si trattava di un’arma vera?

E se, invece, pur credendola vera ne avesse avuto una anche lui? O se semplicemente avesse avuto con sé un coltello e si fosse scagliato contro l’anziano nel tentativo di sopraffarlo una volta vistolo armato?

I simulacri di arma presentano l’enorme svantaggio di sembrare armi senza esserlo. Possono quindi ingenerare negli altri ogni prevedibile reazione di chi si senta minacciato con un’arma senza, però, offrire la possibilità di farne uso.

L’incosciente valutazione del rischio compiuta dall’anziano si dimostra, poi, ancor più insensata se si considera che lo stesso, parlando della scacciacani, ha riferito che se ne sarebbe potuto servire anche in un eventuale corpo-a-corpo, in quanto fatta interamente di metallo e pesante più di un chilo!

È evidente che la logica non eguaglia il coraggio di quello che, comunque, resta un cittadino modello, se pensava di poter affrontare uno scontro fisico con un aggressore motivato di 29 anni…

Perché non il fucile?
Abbiamo chiarito i motivi per cui sperare nella deterrenza di un simulacro di arma equivale a giocare alla roulette russa. Resta da capire perché non abbia utilizzato il fucile (vero) che l’anziano, ex cacciatore, ha dichiarato di detenere.

In questo Paese ormai serpeggia l’incubo di potersi trovare a utilizzare un’arma, anche quando le circostanze renderebbero tale impiego consigliato e legittimo.

L’art. 52 del codice penale, “Legittima difesa”, recita infatti che “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta”. La scriminante della legittima difesa opera, dunque, anche in difesa di altre persone non può che essere così, altrimenti sarebbe stato rubricato “Legittima AUTOdifesa” anziché “Legittima difesa”!

E allora perché il terrore di poter utilizzare un’arma?

  • perché i legittimi detentori di armi, pur dovendo ottenere un’abilitazione tecnica, produrre certificati medici, denunciarne l’acquisto e così via, vengono sempre e comunque considerati persone in qualche modo inclini alla violenza.
  • perché è in corso da decenni, con recenti accelerazioni, una progressiva limitazione alle licenze in materia di armi, comprese quelle puramente sportive, come se le armi legittimamente detenute fossero quelle impiegate per delinquere!
  • perché ormai una banale lite di vicinato può bastare a negare il rilascio di una licenza o addirittura al ritiro delle armi già detenute, con divieto di detenzione delle stesse, ancorandosi al sospetto di poterne abusare dietro al cui giudizio prognostico la Pubblica Amministrazione si trincera per motivi che, invece, a volte sembrano tutti politici e nient’affatto di pubblica sicurezza;
  • perché si aprirebbe una vicenda giudiziaria che lo vede nel ruolo di indagato, destinata a durare anni, che costerà un patrimonio e verosimilmente al termine della quale lo vedrà costretto a ricostruirsi una vita, salute, denaro e voglia permettendo.

Le conseguenze sono nefaste per il cittadino che possegga armi, fino a condizionarne i criteri decisionali nell’unica volta in cui si dovesse trovare a poterle impiegare per salvare sé o altri. Il retropensiero che si crea in ogni legittimo detentore di armi corre sempre al terrore di vedersele ritirare per un nonnulla.

È così che il povero detentore di armi non può nemmeno permettersi, nella sua quotidianità, di rispondere a un’offesa, di tutelare un diritto di proprietà o, ancor peggio, di salvarsi la vita. Il condizionamento mentale è tale da farlo esporre al rischio di farsi davvero del male piuttosto che difendersi con le armi che, pure, legittimamente detiene e legittimamente potrebbe impiegare!

Per le forze di polizia le cose non vanno meglio, dato che il soffocamento dell’ipotesi di un qualsiasi uso delle armi da fuoco in dotazione è parte integrante del processo di formazione. Oggi, poi, le dotazioni less-lethal quali Taser, pur essendo ovviamente ottimi e indispensabili ausili, stanno irrobustendo ancor di più, in maniera strisciante, l’idea che il ricorso all’arma da fuoco sia davvero sempre e comunque eccessivo. Peccato che, nel loro caso, l’esposizione a rischio vita sia centrale nella quotidianità professionale.

Insomma, ad maiora!

 

 

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Fonte: armietiro
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