Il lupo padrone di San Rossore

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Il lupo padrone di San Rossore

Quando si parla di lupi si va a toccare un idolo dell’animalismo. Talmente idealizzato che le principali associazioni ci alzano introiti miliardari e ne fanno un punto d’orgoglio nel non accettare nulla che possa intaccare il suo ingombrante status. Al punto che continuamente si organizzano convegni buonisti, tipo quello di Jesi giorni fa patrocinato dal Wwf, per far capire quanto il lupo abbia necessità di essere accettato e quanto quindi si sia noi a dover accettare di conviverci.

In questi ultimi giorni poi se ne è parlato anche per altri motivi. Uno spunto importante lo ha dato un articolo comparso sul quotidiano La Nazione, che ha analizzato il problema del Parco Migliarino-San Rossore e riporta le tante sollecitazioni fatte all’autorità sulla necessità di una gestione del lupo stesso. Evidenziando che la un tempo eccessiva, senza dubbio, popolazione di daini della tenuta è stata completamente decimata, analogamente al declino di cinghiali e volpi. Per cui il parco stesso ormai è diventato un parco “del lupo”. Questo, che può far felici le suddette associazioni che dimostrano così agli iscritti paganti quanto si danno da fare per la salvaguardia, non va nella direzione di una coesistenza equilibrata tra le specie ma, al contrario, porta alla sparizione totale delle prede. Abbiamo noi stessi molte volte evidenziato che il lupo non è questo fulmine di guerra come predatore, efficiente solo se in gruppo, molto imbranato quando da solo. Nulla a vedere con predatori veri, come anche le semplici volpi o faine, donnole, martore, se rimaniamo da noi, ghiottoni o anche leopardi se andiamo in ambienti più esotici.

Ma il problema è ancora un altro. Infatti i lupi stessi, ben sapendo quello che si rischia, predano principalmente cuccioli, qualche raro adulto ferito, ma molto di rado animali adulti che invece sanno difendersi. Dai diagrammi Ispra il maggior numero di predazioni avviene nei mesi estivi, proprio per la maggiore presenza di giovani nati. In pratica le predazioni intervengono solo su una classe di età, quando sappiamo che una selezione equilibrata dovrebbe intervenire su tutta la linea di età. Per cui le popolazioni delle prede invecchiano e manca il ricambio. Non siamo nei soliti Yellowstone, sempre preso maldestramente a esempio dagli scienziati televisivi e del web. Ma in Italia. E solitamente, come dice la scienza seria, più aumentano le prede, più aumentano i predatori. Quando la pressione di quest’ultimi diventa eccessiva anche loro calano di numero per mancanza di prede. Da noi però è differente. Perché dopo aver ridotto al lumicino le eventuali prede selvatiche, ci si rivolge ad altre fonti facili. Per cui si comincia a predare cani da caccia, da compagnia, randagi. Poi gatti, sempre randagi e domestici girandoloni. Nutrie, pollame poco protetto, animali domestici tipo pecore e vitelli, proseguendo con spazzatura, carcasse e scarti alimentari presenti ovunque. Per cui all’esponenziale aumento del lupo in Italia non ci sarà mai limitazione naturale, perché le fonti alimentari sono tantissime, data la sua presenza ormai a ridosso e dentro la vita degli italiani stessi. Quindi, al pari di tutte le specie, il lupo deve tornare a essere gestito e non sopportato come fosse un dono del Signore. Ormai non ha più nessun pericolo di estinzione. E che la gente sia stanca, e poi interviene in maniera inadeguata, lo dimostra il ritrovamento giorni scorsi di ben quattro esemplari di lupo morti in Trentino. Sembra per avvelenamento. Aldilà dell’atto, questo evidenzia che sarebbe meglio una gestione guidata che l’anarchia dettata dall’istinto personale.

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Fonte: armietiro
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