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Boxer, chi era costui?
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Anche i profani della ricarica e i neofiti del mondo delle armi sportive e da caccia non tardano a familiarizzarsi, in particolare quando si parla di munizioni, con un nome ben preciso: Boxer. Con questo termine, che fa esplicito riferimento a un inventore britannico del XIX secolo, si intende un tipo di innesco a percussione centrale che, ormai da decenni, è invalso nell’uso delle munizioni civili del mondo occidentale e anche delle metodologie di produzione dei calibri militari dell’Alleanza atlantica. L’innesco Boxer è costituito da una coppetta con sezione a “U”, contenente la miscela innescante (un tempo fulminato di mercurio, oggi stifnato di piombo o altre miscele senza piombo), sopra la quale è innestata una incudinetta, che serve a fornire una battuta, un riscontro, alla violenta spinta del percussore dell’arma. Il quale, deformando la coppetta, schiaccia la miscela innescante contro l’incudine stessa, determinando la detonazione. La fiammata sfoga attraverso un singolo foro di vampa centrale, ricavato nello spessore del fondello del bossolo, innescando la carica principale di polvere. Se, dopo lo sparo, si desidera ricaricare il bossolo, essendo il foro di vampa collocato in posizione centrale è molto facile, con uno spillo inserito sull’albero dell’oliva dilatatrice del die, espellere l’innesco esausto per reinserirne uno nuovo. È un sistema semplice da produrre, con i moderni sistemi industriali, è facile da utilizzare ed è anche sicuro nell’uso. L’unico problema, se così lo si vuol definire… è che il primo a inventarlo non è stato Boxer!
Lo sviluppo degli inneschi
Allorché iniziò lo sviluppo dei primi calibri a percussione centrale per pistola, fucile o carabina (in contrapposizione con la percussione anulare che caratterizzò molti dei primissimi calibri prodotti in serie, come il .44 Henry o il 10,4x38R svizzero), si pose inevitabilmente il problema di come realizzare l’innesco. In questo senso, furono numerosi i progettisti che presentarono progetti più o meno praticabili e soprattutto pratici. Tra questi, merita senz’altro menzione il colonnello statunitense Hiram Berdan, che brevettò due distinti sistemi di innesco a percussione centrale, uno nel 1866, che non ebbe seguito industriale, l’altro nel 1868, che invece ha avuto enorme fortuna, visto che è stato poi prodotto industrialmente in pratica fino ai giorni nostri. Nel sistema Berdan, l’incudine è realizzata nel fondello del bossolo, accanto a essa vi sono generalmente due fori di vampa (ma possono anche essere uno solo, tre, persino quattro o più), sopra di essa è applicata a pressione la capsula a “U”. Questo sistema produttivo è stato utilizzato in ambito militare praticamente da tutti i paesi, eccetto gli Stati Uniti, fino agli anni Cinquanta-Sessanta del XX secolo ed è ancor oggi utilizzato nei Paesi dell’Est e in Asia (ma anche in Occidente, per alcune produzioni particolari).
L’innesco che oggi conosciamo come Boxer fu, invece, messo a punto da un altro militare statunitense, il brigadiere generale Stephen V. Benet, che presentò una richiesta di brevetto per la “sua” cartuccia, dotata appunto di un innesco con capsula scoperta, dotato di tutte le caratteristiche oggi ritenute pacificamente parte del sistema Boxer, addirittura nell’aprile del 1866. In realtà, poi, la concessione del brevetto fu rifiutata all’inventore (e un suo ricorso fu respinto) perché si ritenne che il progetto non contenesse “sostanziali innovazioni” rispetto a un progetto presentato pochi mesi prima (ed effettivamente concesso nell’agosto 1866) da un altro statunitense, cioè Jasper Henry Selwyn. Sta di fatto che il progetto della cartuccia di Benet era, in realtà, quello più simile all’effettiva produzione di munizioni che fu intrapresa poi pochi anni più tardi. Benet, in compenso, brevettò poi nel 1868 un ulteriore sistema di innesco centrale, ma a capsula coperta, che fu poi adottato dall’esercito statunitense per le cartucce .50-70 e .45-70 dei fucili e .45 Colt e Schofield dei revolver.
E Boxer, allora?
Viene dunque da chiedersi, a questo punto, cosa c’entrasse il britannico Edward Mounier Boxer, colonnello d’artiglieria e, dal 1855, sovrintendente di uno dei più importanti opifici militari dell’Impero, il Royal laboratories di Woolwich. Boxer ha, in effetti, brevettato nel 1869 una sua cartuccia (che sarà poi utilizzata dal primo fucile a retrocarica britannico, lo Snider calibro .577), caratterizzata da un bossolo con fondello composito e con un innesco concettualmente simile a quello di Benet. L’invenzione sarebbe potuta tranquillamente rimanere confinata nell’ambito dei dominion britannici, se non fosse che in un manuale predisposto dal Frankford arsenal statunitense (il principale produttore di munizioni militari dell’epoca, per la federazione americana), nel quale si analizzavano tutte le differenti tipologie di innesco all’epoca disponibili. Nella pagina del manuale, l’innesco a capsula coperta di Benet veniva definito “Frankford arsenal”, visto che l’opificio ne aveva l’esclusiva, mentre l’innesco con incudine separata veniva elencato tra i sistemi vigenti in Gran Bretagna e, ovviamente, con il nome Boxer. Da quel momento, dapprima nel solo entourage militare e poi anche sul mercato civile, l’innesco centrale con incudine separata è stato conosciuto come Boxer e l’idea di Benet è stata completamente dimenticata. L’aspetto più curioso della vicenda è che in effetti l’innesco Boxer ha una incudine che, nella parte superiore che deborda dalla capsula, è più larga e funge da appoggio per la capsula stessa, mentre gli inneschi Boxer che vengono prodotti oggi sono in effetti più simili al progetto originale di Benet, con incudine di larghezza pari al diametro interno della capsula.
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Fonte: armietiro
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