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Cormorani da (non) salvare
Ultimamente siamo passati vicino a un allevamento di piscicoltura del Nord Italia, ma anche vicino a un lago, naturalmente superprotetto e interdetto alla caccia, sempre al Nord, e non abbiamo potuto contare il numero delle decine di cormorani appollaiati sugli alberi in vigile attesa di tutto quello che si potesse muovere sotto il pelo dell’acqua. Non siamo riusciti a contarli non perché non fossimo sufficienti in matematica, bensì perché l’area ne era letteralmente infestata. Per quanto riguarda l’impianto di piscicoltura, era coperto da reti di protezione per interdire questi “ladri seriali con le ali” di farne strage. immaginiamo le spese per l’acquisto e per le riparazioni date dalle rotture per vari motivi: grandine, neve, uccelli dal becco tagliente eccetera. Il cormorano è una delle specie che non c’entrano un fico secco con la nostra fauna tradizionale acquatica, manco a dirlo è molto coccolato dalle associazioni animaliste perché, secondo loro, si nutre di pesci appartenenti alle specie invasive. Come faranno quando vedono un pesce a fare questa differenza e a snobbare le altre specie? Se ce lo spiegano magari lo capiamo anche noi. Per cui specie protetta, perché al pari di topi, pantegane, pappagalli, ibis sacri e simili, fanno sempre la loro porca figura quando si fanno le campagne pietiste salvaspecie. A pagamento naturalmente, al grido di “più semo e meio stamo”. A tal proposito, l’Europarlamentare Anna Maria Cisint ha interpellato la Commissione europea per cercare di risolvere il problema cormorano. Chiedendo, assieme al collega Aldo Patriciello, in comunità europea la possibilità di renderli cacciabili perché “L’impatto del cormorano sulle popolazioni ittiche e sugli ecosistemi umidi è gravemente peggiorato… Le deroghe per il prelievo straordinario restano applicate in modo disomogeneo e comunque insufficiente e le lungaggini burocratiche, così come le battaglie ideologiche di alcune categorie a discapito della biodiversità peggiorano il quadro”. Ma come sappiamo il concetto di biodiversità è applicato a giorni e idee alterne dalle associazioni animaliste. Regola numero 1 “non toccare nulla”. Al proposito, volendo riportare specie facenti parte veramente nel passato della nostra fauna autoctona, suggeriamo di reintrodurre elefanti nani e dalle zanne dritte i cui resti fossili, insieme a quelli dei leoni, sono stati rinvenuti ultimamente lungo il Po, risalenti all’epoca del Pleistocene. Anzi facciamo un referendum.
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Fonte: armietiro
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