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Legittima difesa: perché il macellaio è in carcere?
È stato convalidato il fermo disposto dall’autorità giudiziaria nei confronti di Francesco Putortì, macellaio 48enne di Reggio Calabria, accusato di omicidio per aver reagito, con un coltello, all’ingresso nella propria abitazione da parte di alcuni ladri. Nella colluttazione, due di essi sono stati feriti e uno di loro è successivamente deceduto in ospedale. Oltre alla convalida del provvedimento, è stata anche confermata la custodia cautelare in carcere. L’accusa è quella di omicidio volontario e tentato omicidio, reati indubbiamente gravi, per i quali il nostro ordinamento giuridico prevede la possibilità della custodia cautelare in carcere nel momento in cui si verifichino specifiche condizioni: innanzi tutto i gravi indizi di colpevolezza, in secondo luogo il rischio di reiterazione del reato, di inquinamento delle prove o di fuga (art. 274 c.p.p.).
Tuttavia…
Poiché, tuttavia, non stiamo parlando di un caso nel quale l’omicida abbia commesso il fatto (o dichiari di averlo commesso) per futili motivi, per gelosia, per denaro, per metodo mafioso o altro, bensì perché (sempre secondo quanto dichiarato dal cittadino) ha inteso difendersi da una aggressione all’interno della propria abitazione, in teoria dovrebbe quantomeno essere valutata da parte dell’autorità giudiziaria l’ipotesi della scriminante della legittima difesa, contemplata dagli articoli 52 (legittima difesa propriamente detta), 55 (eccesso colposo) e 59 (legittima difesa putativa). Per la quale, sarebbe previsto un apposito articolo del codice di procedura penale, il 385, che specifica: “L’arresto o il fermo non è consentito quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità”. Quale è appunto la legittima difesa. È da notare che si parla del fatto che la scriminante non deve essere “dimostrata” nei tre gradi di giudizio, bensì è sufficiente che “appaia”.
Quindi, evidentemente, tanto per il Pm quanto per il Gip che ha convalidato sia il fermo, sia la custodia cautelare in carcere, l’ipotesi della legittima difesa non “appare” neanche leggermente. Mentre “appaiono”, evidentemente, le ragioni giustificatrici dell’esigenza cautelare, che abbiamo sopra menzionate. Ma possibile, quindi, che un soggetto incensurato, che ha un lavoro dipendente (per un supermercato locale) presenti un elevato rischio di fuga? E come potrebbe mai reiterare il reato? O inquinare le prove? Possibile? Tutt’al più si potrebbe mettere sotto sequestro la sua abitazione (là dove è avvenuto il fatto) e costringerlo a riparare presso qualche parente o amico, no? E ancora: possibile che le esigenze cautelari siano così drammaticamente stringenti che, sempre per una persona incensurata, non sia possibile disporre gli arresti domiciliari, l’obbligo di firma o altro? Possibile?
Un articolo di ieri, apparso su Il Giornale, a firma di Felice Manti, evidenzia retroscena abbastanza preoccupanti, al netto della diatriba, purtroppo ormai da decenni sconfinata nella contrapposizione politica, sulla situazione della giustizia italiana: “La conferma del fermo per omicidio e tentato omicidio è un manuale di cosa sia diventata la giustizia, lontana anni luce dalla tutela degli onesti, da far leggere a chi è contro la separazione delle carriere. Intanto, il gip «ragiona» da pm – è questo è uno dei tanti cortocircuiti mai sanati della riforma del codice – e ipotizza per il macellaio un’imputazione (anziché un’indagine) come se la ricostruzione dell’accusa fosse oro colato: «Non sussistono dubbi circa la corretta qualificazione giuridica dei fatti operata dal pm», si legge”.
E ancora: “Eppure l’uomo – secondo la ricostruzione – si è difeso da un’aggressione dimenandosi con il coltello, ignaro di aver colpito i malviventi nel pugno di secondi della colluttazione, da cui sono fuggiti con le loro gambe per salire su un’auto guidata da un complice per 800 metri. «Il giudice ha sempre il dovere di verificare il favor innocentiae – ragiona con il Giornale l’avvocato Ivano Iai – e i presupposti per la legittima difesa putativa (in caso di aggressione meramente supposta e non reale, ndr) che esclude la condotta criminosa alla persona». Per cui se è omicidio, eventualmente è colposo. Il gip invece accusa l’uomo anche di aver fatto rumore, facendosi così sentire dai ladri. Umanamente spiace per chi ha perso la vita, ma qui siamo al ribaltamento degli equilibri, i ladri come vittime e le vittime come assassini perché anziché difendere i propri beni – si legge nel provvedimento – il macellaio avrebbe dovuto scappare o nascondersi e chiamare i carabinieri (arrivati mezz’ora dopo…)”.
Un altro precedente
La vicenda potrebbe anche essere sottovalutata (basta mettersi per un secondo nei panni del protagonista, però, perché appaia gravissima) nel momento in cui la si volesse considerare un caso isolato, un errore del sistema, una anomalia unica nel suo genere.
C’è tuttavia un precedente recente, che dovrebbe far riflettere: parliamo del caso nel quale, nell’aretino, un cittadino aveva sparato con la propria carabina da caccia a un vicino che gli stava letteralmente tentando di demolire l’abitazione con una ruspa. Anche in quel caso fu disposto il fermo, ma la carcerazione si esaurì nel volgere del fine settimana. E questo malgrado il pubblico ministero abbia chiesto, a conclusione delle indagini, il rinvio a giudizio con l’accusa di eccesso colposo di legittima difesa.
Quindi? Siete ancora sicuri che la normativa sulla legittima difesa vada bene così come è? Siete sicuri che essere letteralmente in balia di un giudice che, magari, è contrario “aprioristicamente” al concetto di legittima difesa in quanto tale, sia una cosa buona? Ah, certo, tanto poi nel caso in cui il malcapitato sia assolto, potrà sempre chiedere il risarcimento per l’ingiusta detenzione… ma avete idea, nel frattempo, di cosa significhi essere in carcere da incensurati e magari pure da innocenti? Quando poi, ironia della sorte, la cronaca ci delizia quotidianamente con decisioni, sempre da parte di giudici, che lasciano liberi soggetti pluripregiudicati accusati di gravi reati?
Occorre una riflessione profonda sull’istituto della legittima difesa nel senso più ampio del termine, perché quanto a suo tempo (opportunamente e con lungimiranza) disposto dal legislatore a suo tempo nel codice penale e di procedura penale, risulta oggi inadeguato all’occhio indagatore, ma talvolta potremmo dire molto miope, dei moderni servitori della legge.
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Fonte: armietiro
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